giovedì 7 giugno 2012

Lettera aperta agli 883 riunificati

Un ricordo remoto ma immediato: ero piccolo e demotivato ed in qualsiasi impianto di riproduzione video-audio-stereofonica il singolone "hanno ucciso l'uomo ragno" degli 883 veniva passato in continuazione divenendo per il sottoscritto un incubo ma per il resto d'itaglia una rivelazione salvifica. Eravamo all'inizio degli anni 90, il mio primo anno di scuola media era terminato e, con esso, anche la speranza di sentirmi un giustone: nella mia scuola ero considerato come un frescone, uno di poco conto, uno che poteva anche venir pestato in gruppo poiché ero solo e diverso. Non fu quindi una sorpresa, per me, tornare a scuola dopo le vacanze estive e scoprire che chiunque odiassi cantava quella canzone di merda a pieni polmoni, intervallando la performance vocale con incredibili (incredibili per quanto falsi) racconti di un'estate vissuta al massimo. Avevo trascorso la stagione estiva in una colonia marittima per vecchi bavosi, parcheggiato lì dai miei genitori e affidato a due bis-zie zitelle, totalmente incapaci nel gestire un ragazzino di 12 anni.
Perché vi racconto questo, cari Max Pezzali e Mauro Repetto? Perché sostanzialmente siete stati la colonna sonora della formazione di questo cadavere che ora vi scrive, il motivetto simpatico che ha accompagnato la trasformazione da bimbo dolce e brillante a uomo scorbutico e dotato di un carattere di merda. La vostra rappresentazione della vita, quella dove il problema principale sembra essere rappresentato dalla disponibilità di fica chiavabile e dal saper dove trascorrere il sabato sera con gli amici, è ciò che più mi ha disgustato per tutta la vita e che mi ha fatto sviluppare solo odio verso il prossimo poiché per me, questi, non son mai stati i problemi principali e, il semplice considerali tali, è sempre stato indice di una mentalità povera, priva di costrutto ed elaborazione, di una vita ridotta ai minimi termini, priva di slanci e motivazioni, totalmente abbandonata nel continuo accontentarsi di false soddisfazioni e parodistiche rielaborazioni di ciò che normalmente andrebbe chiamata vita decente.
Il vostro ritorno sulle scene con la formazione originale (chiamala formazione originale: un cantante che non è un cantante, la cui unica peculiarità è lo spiccato ed insopportabile accento milanese ed un ballerino che non sa ballare) rappresenta per me, dopo l'enorme soddisfazione del recente fallimento elettorale della lega, un ritorno nelle lande della sconfitta.
Nulla cambia in questo paese di stronzi e voi ne siete la riprova: rivalutati recentemente da quel portale di cazzate che è Rock it non avete perso l'occasione per riproporvi, certi di un succeso trasverale che va ad accorpare ai vostri fan abituali anche quelli dell'indie rock italico. Questa rivalutazione riduce a brandelli quel velo di vellutata ipocrisia che stava a coprire quel cumulo d'oscenità e pattume che è la realtà dei fatti: in Itaglia anche chi si spaccia per raffinato intenditore di musica in realtà è, sempre e comunque, un italiano medio che, avendovi ascoltato in tenera età, si riconosce tutt'ora nei vostri testi considerandoli spaccati veritieri sulla vita di tutti i giorni poiché anche loro hanno provato quello che voi provavate mentre parlavate di storie d'amore vissute in luoghi inumani, anche loro hanno avvertito quel senso di frustrazione quando la mamma li sgridava per aver fatto troppo tardi la sera, anche loro si sentivano gratificati quando riuscivano ad avere un appuntamento con la strappona di turno...
La vostra colpa non esiste, cari 883, poiché alla fine avete solo riportato quello che era la vostra realtà fatta di mediocrità e di sentimenti preconfezionati, la colpa, in verità, risiede solo in un paese che non ha il coraggio di cambiare e di evolversi da un una cultura becera e provinciale in cui è condannato dai tempi del fascismo

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