venerdì 2 dicembre 2011

UNA SERA AL CINEMATOGRAFO: La prima cosa bella, 2010

In una Livorno fintamente anni '60 fotografata da un pessimo, poco ispirato e sottopagato Nicola Pecorini (ma stiamo scherzando?) si muove una famiglia di buzzurri ed ignoranti. La madre è una tamarra fisicatissima di periferia che mangia cingomme e fuma sigarette a iosa, il padre un omininide secco ma tirato provvisto di baffi e vestiario da puttaniere, un figlio piccolo ma pur sempre maggiore e cacacazzi ed una figlia minore nonché minorata. La madre vince un concorso per "madri che si vestono come trans" durante una spiaggiata di merda ed il padre, incomprensibilmente adirato, la picchia come la cagna ignobile che è.
Uno sbotto d'anni dopo: il figlio piccolo ma maggiore e cacazzo si è ormai tramutato in un professore stolto ed incompetente, attaccato al suo posto e alle sue certezze da statalaccio di merda in una scuola superiore di Milano,  la figlia minore e minorata è rimasta minorata ma con la fortuna di aver trovato il classico fesso pieno di soldi disposto a mantenerla per un paio di chiavate la settimana, il padre puttaniere e picchiatore è morto ormai da lustri nell'incuranza generale e la madre sta per morire per un tumore che ormai la corrode senza lasciarle speranza ma lei, essendo storicamente un'idiota, continua imperterrita a credere nella vita, nell'amore e nelle stronzate che fanno la gioia di una qualsiasi persona ignorante quale lei è. In virtù della malattia della genitrice comune ( forse...) la figlia minore e minorata va a prendere il fratello maggiore e cacacazzo per obbligarlo a tornare a Livorno a trovare la madre morente. Durante il viaggio e tutta la permanenza a Livorno il figlio ripercorre il periodo vissuto a fianco della madre e della sorella durante il quale si era autoconvinto che la povera mammina fosse in realtà un gran troione da asporto per poi scoprire, durante le ultime scene, come la povera e agonizzante genitrice non fosse mai stata assolutamente in grado di distinguere tra un cazzo ed un sottaceto. Questa scoperta mette il figlio di fronte all'amara costatazione di non aver mai capito una minchia, non solo in questo caso specifico ma anche per tutto l'arco della sua esistenza.
Virzì ci regala per l'ennesima volta un film basato sulla riscoperta delle pasoliniane "realtà particolari" che, in questo caso, altro non sono se non quelle di quegli esseri identificabili come gli anelli mancanti tra l'uomo e la scimmia, facendoci sorridere con le sue solite trovate comiche ( Pisa merda, ir budello di tu mà, avetti 'n culo ti caeri alla meloria..) e facendoci piangere a dirotto con le stesse poiché, come avrete intuito, non fanno assolutamente ridere nessuno a parte gli ultras del Livorno e Bobo Rondelli. La perplessità che poi ci rimane irrisolta è come mai Valerio Mastrandrea riesca solo a recitare il personaggio di "tutti giù per terra" in qualsiasi film faccia, cercando di riadattarlo alla sua età nel momento in cui viene girata la pellicola. Cha cagata di film!

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