mercoledì 8 agosto 2012

Storie di vita vissuta: il muro

Anni or sono
tra questo muro e la società civile c'era una strada sterrata che in pochi attraversano e solo in casi di stretta necessità. Poi c'era un posto di blocco, non potevi rientrare passata una certa ora, non potevi circolare passata una certa ora, passata una certa ora non potevi, non potevi e basta. Qua era tutto regolamentato dalla fabbrica che aveva speso per tirar su il muro per farci abitare i suoi operai: le case, i palazzi, il salumiere, il tabaccaio, la mesticheria, i rapporti interpersonali, il valore di ogni singolo individuo in base al ruolo che aveva in fabbrica... Che ragioni avevi di lasciare questo luogo se non per andare a lavorare? Era un carcere anche se il suo nome era villaggio. Basta cambiare un nome per dare all'insieme una parvenza di democrazia.
Poi la fabbrica ha venduto tutto, le case, l'asilo, i garage, i fondi per i negozi ed il comune ha comprato
ed ha tenuto il muro
il muro è basso
ma c'è
e per quanto non sia come quello di Berlino
il suo valore simbolico, oggi, è più forte
in una società libera nessuno tiene particolarmente a far rimanere i muri in piedi
non fosse altro che per un fatto simbolico
ma, per una questione simbolica, il muro è sempre qui
e per quanto oggi ci sia l'asfalto ad unire questo villaggio alla società civile
non ci sia più il posto di blocco
gli operai siano morti
o andati via
o rimasti a far finta di godersi la pensione ed aspettare di morire
la sensazione è sempre quella di esser tagliati fuori
Dalla finestra ogni tanto guardo le case che stanno al di fuori del muro
coi loro giardini, i loro gazebo, i loro bar da aperitivi, i loro suv, la gente che sorride
se giro per le vie del villaggio non vedo bar da aperitivi, non vedo gazebo, non vedo giardini, non vedo suv, non vedo gente che sorride
Il muro c'è sempre e, per quanto simbolico, fa male. Fa male all'autostima, fa male alle proprie aspirazioni.
Il comune comprò molti appartamenti e per far fronte all'alta percentuale di senegalesi immigrati decise di ubicarli tutti dentro questi loculi. Vivono in 15 in 60 metri quadri ma per loro questa è già una conquista poiché, di norma, dovrebbero crepare sotto ai ponti o marcire in galera. Stanno tutti qua i senegalesi e, stando tra di loro,
non si integrano
non trovano lavoro
si sentono come esiliati (ma và!)
Qua c'è un muro
dentro di esso
pensionati che aspettano di morire
e immigrati che aspettano di essere rimandati a casa a calci nel culo
Lo chiamano villaggio e un tempo sembrava una galera
oggi sembra un ghetto
ma lo continuano a chiamare villaggio
basta cambiare un nome per dare all'insieme una parvenza di democrazia
con le sue case tutte uguali
la sua atmosfera desolata
e il suo muro
a sancire la diversità di chi ci abita
da chi è una persona normale


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